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OLTRE ALL'ESERCITO, IN STRADA C'È ANCHE L'ORATORIO

Aggiornamento: 25 lug

In Barriera di Milano il bello non manca affatto. Bisogna però metterlo in evidenza e fare in modo che diventi l’elemento prevalente. Ne è convinto don Andrea Bisacchi che, da quando è arrivato alla parrocchia Maria Regina della Pace, ha portato l’oratorio in strada per dare un segnale, per tornare a riempire quegli spazi lasciati a lungo in balia del degrado.


“Sono stati i ragazzi, al ritorno da una passeggiata, senza cellulari, alla scoperta del quartiere, a farmi notare luci e ombre, ponendo l’accento sulle luci – racconta don Andrea -. A colpirli il forte senso di comunità, dopo aver visto per strada coppie di anziani che si tenevano per mano e persone impegnate ad aiutare i più fragili. Da qui è nata l’idea di colorare il quartiere”. Così nei mesi si sono messe in campo tante iniziative: la marcia per la pace che ha coinvolto 500 giovani, i giochi e i balli sul piazzale di corso Palermo dove da tempo c’è il presidio dell’Esercito, la pulizia del quartiere con scope e palette.


E poi è arrivata “Una buona notizia”, la mostra che espone alcuni pannelli lungo la parete dell’oratorio sul corso Palermo. “Abbiamo raccolto tutto il bello di Barriera – continua don Andrea -. Le immagini sono molto colorate e rappresentano il cambiamento che ci aspettiamo. In tanti mesi i pannelli sono ancora lì intatti, nessuno li ha toccati”. Per il sacerdote questa è davvero una buona notizia, un piccolo segno sulla strada che porta al miglioramento.


I ragazzi dell’oratorio, come spiega l’opuscolo che accompagna la mostra, non vogliono soltanto spostare i problemi perché il loro sogno è di cambiare le situazioni difficili, apprezzano la presenza dell’Esercito ma desiderano tornare ad abitare gli spazi rimasti per troppo tempo abbandonati e inoltre non si accontentano delle proteste e perciò vogliono fare proposte.


In oratorio ci sono 150 giovani di 10 nazionalità diverse e la lista d’attesa è sempre molto lunga. “Noi parroci del Sermig siamo alla San Gioacchino già da sette anni, lì i ragazzi sono cambiati molto – spiega don Andrea –. Si sono aggiunte nuove sfide, mentre alcune delle vecchie sono state superate. Quel che conta certamente è offrire un luogo che sia sicuro per i bambini. Noi cerchiamo di andare incontro alle famiglie, con bontà e anche con una certa severità tra virgolette, perché accogliere non significa permettere di fare ciò che si vuole. Tutto all’interno di un clima di reciprocità - conclude il sacerdote -, questi sono un po’ i due binari dell’accoglienza. Ci siamo posti l’obiettivo di accompagnare persona per persona, famiglia per famiglia, bambino per bambino, non il gruppo nella sua totalità”.


Quando arriva il momento dei saluti, don Andrea ci rivela che presto prenderà il via una nuova iniziativa. Ce la comunicherà non appena sarà pronta.



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