Investimenti insufficienti sulla salute mentale in un contesto dove queste sofferenze aumentano. Da qui nascono vicende come quella raccontata nella BREVE STORIA TRISTE, pubblicata qui su Facciamo Barriera il 3 novembre.
Sul tema ci scrive anche un medico del pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria. Si chiama Gustavo Boemi e non si dilunga molto, puntando giustamente all’essenziale (atteggiamento corretto dei medici che non possono mai perder tempo): “mi ha colpito la frase dell’operatore del Centro di Salute Mentale al telefono con la mamma di Federico (fino a dicembre non si può ricoverare nessuno per mancanza di fondi) perché questo è il vero problema. La Regione Piemonte ha tagliato i finanziamenti per i ricoveri in strutture psichiatriche e per le comunità. Gli psichiatri possono solo ricoverare le psicosi acute in reparto e ovviamente i posti sono limitati”.
C’è, dunque, un problema di fondi destinati a questa tipologia di disturbi. Se i fondi sono pochi è inevitabile che si decida di ricoverare solo i casi palesemente gravi. E siccome il disturbo di Federico era borderline (momenti di crisi alternati a momenti migliori), ecco perché sono andati a vuoto i tentativi suoi e della madre di ottenere un ricovero. Così, in preda a una crisi esistenziale, Federico si è tolto la vita a 27 anni il 27 ottobre.
Il Piemonte, secondo quanto comunica il SISM – Sistema Informatico Salute Mentale, mette in conto 64 euro annui a persona per la salute mentale. La media nazionale italiana è di 70 euro, quindi la nostra regione parte già con sei euro in meno pro capite rispetto alla media nazionale. Anche sul piano delle risorse umane, si deve rilevare che il personale del Dipartimento Salute Mentale piemontese conta 39 professionisti ogni centomila abitanti a fronte dei 60 della media italiana.
La situazione è, in generale, preoccupante perché il 20% degli italiani (un quinto della popolazione) soffre di almeno un disturbo psichico, in particolare ansia e depressione. Questo dato (Headway – Mental Health Index 2.0 realizzato da The European House – Ambrosetti) supera quello della media europea e testimonia una questione che riguarda soprattutto il nostro Paese. Infatti, lo studio sopra citato rileva che in Italia si sommano fattori contingenti (comuni anche agli altri Paesi del continente) - come gli effetti di spaesamento dovuti alla pandemia COVID-19, le conseguenze della guerra in Ucraina e i flussi migratori a fattori più peculiari della nostra società, come le condizioni abitative, precarie per un quinto circa della popolazione, o la mancanza di spazi verdi: in questo l’Italia si piazza 21esima su 28 nazioni, nella speciale classifica dell’urbanizzazione.
Il succo della faccenda è che viviamo in un crescente stato di precarietà, non a nostro agio nei contesti urbani sempre più spersonalizzanti e poco confortevoli per la vita quotidiana, in una realtà costantemente minacciata da eventi inattesi che modificano abitudini e preferenze.
Federico era una delle persone più sensibili, più esposte a questi turbamenti da incertezza e disagio. Federico non ce la faceva ad affrontare la realtà senza un supporto adeguato. Così ha deciso di farla finita. Senza dubbio una sconfitta della società civile. Una sconfitta per tutti noi. Una vita perduta.
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