Diventa definitiva la condanna all'ergastolo per Luigi Oste, il barista dell’Angelo azzurro di corso Vercelli processato a Torino con l'accusa di avere ucciso la sera di Halloween del 2021 l'autista della Croce verde Massimo Melis, con un colpo di pistola alla tempia. La Cassazione ha respinto il ricorso della difesa contro la sentenza pronunciata dalla corte di assise d'Appello subalpina. Secondo quanto ricostruito dalle carte processuali Oste uccise Melis per gelosia, considerandolo un rivale in amore, dal momento che il barelliere era amico della donna di cui lui si era invaghito.
L’uomo, un 65enne con diversi precedenti penali alle spalle, aveva frequentato per un po’ di tempo Patrizia, anche lei barista nel locale dei genitori a un isolato dall’Angelo azzurro, e poi non si era mai arreso di fronte al suo rifiuto. Per questo aveva iniziato a pedinarla. Le inviava messaggi a raffica, a ogni ora del giorno e anche della notte, a volte pure minacciosi. Lei aveva preferito evitarlo, non accettando le avances, piuttosto che rivolgersi alle forze dell’ordine e denunciarlo per stalking.
Di indole altruista, sempre disponibile con tutti, Melis era considerato un punto di riferimento da tante persone del quartiere e anche dalla stessa Patrizia, che aveva, infatti, riallacciato il legame di amicizia con lui perché in sua compagnia si sentiva protetta e al sicuro. Il 31 ottobre del 2021 i due amici trascorrono il pomeriggio insieme a fare shopping. Alle 20 Melis accompagna la donna a casa in via Gottardo e la scorta fino davanti all’uscio dell’appartamento. Poi torna in auto da solo. Oste, che dal suo bar in corso Vercelli, li ha visti passare, a quel punto raggiunge Melis, apre la portiera del veicolo e gli spara un colpo alla testa. A riprendere l’andare e venire del barista in quel tratto di strada, proprio nei minuti precedenti e subito dopo il delitto, sono le telecamere dei palazzi. Il corpo della vittima viene poi ritrovato il giorno dopo, dalla stessa Patrizia.
Oste ha mai ammesso la propria colpevolezza. Ha sempre fornito una versione dei fatti volta a giustificare gli indizi raccolti contro di lui dalle celle telefoniche, dalle telecamere di videosorveglianza che quella notte l’hanno ripreso e dalle intercettazioni telefoniche e ambientali grazie alle quali gli investigatori della squadra mobile sono riusciti a captare alcune frasi da lui pronunciate. In più a inchiodarlo sono stati i comportamenti anomali dopo il delitto e le testimonianze di persone a lui vicine.
Nella foto Luigi Oste.
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