“Voglio lasciare l’attività. Dopo quello che mi è accaduto sono costretto a farlo per motivi di salute”. Per il tabaccaio di Strada Settimo, rapinato sei volte dallo stesso uomo nel maggio scorso, non c’è pace. Stare dietro il bancone è diventato un incubo. “Ogni volta che vedo entrare uno sconosciuto sobbalzo. Ormai vivo con il terrore che da quella porta s’introduca di nuovo qualche malintenzionato” racconta ai nostri microfoni.
Quel balordo, un ventinovenne italiano con problemi di dipendenza da droghe, già finito in galera per tentato omicidio, lo aveva preso di mira. Si infilava rapidamente con aria spavalda nel negozio e sotto minaccia si faceva consegnare stecche di sigarette e soldi. Gli diceva di essere armato e che non avrebbe esitato a fargli del male. Le prime tre rapine le aveva messe a segno addirittura nell’arco di 24 ore.
Il 5 giugno, al sesto colpo, è stato inchiodato dai poliziotti del Commissariato Barriera di Milano. Ora è in carcere. Ma il tabaccaio ancora non si sente tranquillo. “Impossibile dimenticare. In quel periodo avevo pure perso mia mamma – ci dice -. Non riuscivo più a mangiare. Scelsi di chiudere per due settimane con la speranza che non tornasse più. Tutto inutile perché poi si è ripresentato. Una volta ha tirato giù la serranda e mi ha chiuso dentro mentre lui stava facendo man bassa di stecche di sigarette”.
A inquietare il negoziante il pensiero di essere stato per lungo tempo tenuto d’occhio dal malfattore che aveva studiato accuratamente le sue abitudini prima di entrare in azione. Si erano, infatti, conosciuti almeno un anno prima quando il giovane lavorava come muratore nel cantiere del supermercato Aldi (ai tempi in costruzione). “Veniva ad acquistare le sigarette con i colleghi. Ha avuto buon gioco perché si è reso conto che non avrei reagito” commenta il tabaccaio, una persona molto gentile e perbene, al punto che lo stesso prefetto Cafagna lo ha ringraziato per la collaborazione e il senso civico.
“Al prefetto avevo scritto io per primo per complimentarmi con gli investigatori e gli agenti del Commissariato Barriera di Milano. Dopo giorni e giorni di indagini e appostamenti sono riusciti a individuarlo e incastrarlo in flagranza. Sono stati bravissimi, mi hanno offerto supporto, anche psicologico in un momento di grande difficoltà” ci racconta mettendo da parte per un attimo le sue sofferenze.
Alla domanda se è proprio sicuro di voler gettare la spugna, il negoziante risponde: “Avevo già pensato di vendere in passato. Ora ne sono convinto perché con quello che mi è accaduto non sto bene. Ho perso la serenità e mi sono ammalato. Così potrò dedicarmi al mio anziano papà”. E poi conclude: “Per quel giovane provo dispiacere, anche perché so che ha due figli. Non nutro assolutamente odio nei suoi confronti”.
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