QUANDO IL GIOCO SI FA DURO...
- Seneca
- 6 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Barriera di Milano è il reality show che sbatte in faccia a tutti il pauroso degrado delle periferie (non solo di Torino e non solo d’Italia). Tre accoltellamenti in tre giorni sono il bilancio – per forza parziale – di una primavera di sangue in cui c’è scappato pure il morto (un diciannovenne ivoriano pugnalato al cuore). La notizia c’è. E, infatti, se ne parla. Ma la novità non c’è. La sorpresa non c’è. Lo stupore, ahimè, non c’è.
Sappiamo bene da troppi anni cosa è diventato questo sfortunato quartiere di cui nessuno si è occupato mentre il bubbone cresceva, mentre il tumore delinquenziale si ingrossava, mentre lo sfascio avanzava implacabile divorando convivenza civile, decoro, sicurezza, pulizia, senso civico, senso d’appartenenza e senso d’identità.
Negli ultimi tempi (più o meno dall’inizio del 2024) la faccenda era diventata talmente ingombrante e imbarazzante che finalmente qualcosa si era mosso. Ma “qualcosa” è maledettamente poco dinanzi alla magnitudo del disastro sociale (ed economico) consumato in Barriera per decenni. Come fai a fermare la melmosa ondata di piena del crimine arrembante con iniziative ordinarie e soggette ai sonnolenti tempi della burocrazia? Come fai a guarire una ferita lacerante (spaccio, ricettazione, furti) con il pannicello caldo di un presidio fisso interforze a cui non è mai stato conferito un autentico e incisivo potere d’intervento?

Caro sindaco Stefano Lo Russo, consentimi di darti del tu, anche perché ho più anni di te e oggi vorrei uscire da ogni cerimonioso rituale dialettico. Tu adesso questa cosa di Barriera la devi affrontare senza più indugi, senza più alibi, senza più paraventi procedurali. La devi affrontare per quello che è cioè una maledetta emergenza.
Guarda, ti faccio un esempio: il signor Giuseppe Conte, avventurosamente ritrovatosi sullo scranno della presidenza del Consiglio, mai si sarebbe immaginato (prima del marzo 2020) di dover gestire la più sconvolgente e drammatica emergenza sanitaria del Paese. Eppure, proprio questo (si chiama covid) capitò all’avvocato pugliese tra capo e collo. E dovette assumere provvedimenti mai visti e mai nemmeno immaginati.
Ti ricordi Stefano i DPCM che ci facevano tremare e sussultare per le inaudite restrizioni, gli obblighi e i divieti? Ti ricordi Stefano il lockdown!? Ti ricordi le autocertificazioni per portare il cane in strada a pisciare?
Il Paese (e il resto del mondo) rischiava una catastrofe e si reagì con misure estreme, tra l’altro senza certezze sui risultati. Conte firmò tutti DPCM che gli “esperti” (ma chi poteva essere “esperto” di una cosa mai successa in tempi moderni?) misero frettolosamente in piedi, spesso infarciti di strafalcioni e palesi errori. Che altro poteva fare?
Caro sindaco, ti faccio l’esempio di colui che è stato due volte presidente del Consiglio perché non era particolarmente competente né esperto né attrezzato. Una persona qualunque, ma con una non trascurabile qualità: l’arte di non tirarsi mai indietro. L’improvvisato marinaio del sudest italico che pensava di condurre placidamente la barchetta Italia fra una pizza davanti a palazzo Chigi e un viaggetto ogni tanto a Bruxelles si ritrovò, senza preavviso, in una bufera spaventevole e dovette diventare comandante in capo d’una nave sbattuta da poppa a prua in mezzo alla furiosa tempesta pandemica. La storia giudicherà se fu fortunato, furbissimo, molto scaltro o se avesse siglato un patto col demonio al momento della nascita in località Volturara Appula.
Caro Stefano, Barriera di Milano è il tuo covid. L’agonia di Torino Nord è la croce che devi portare per evitare di restarci inchiodato. Il quartiere più sfasciato e dolente di Torino può essere il campo di battaglia dove la politica italiana realizza un lungamente atteso cambio di passo perché extremis malis, extrema remedia (a mali estremi, estremi rimedi). Lo so: hai bisogno di leggi, hai bisogno di fondi, hai bisogno che le opposizioni non approfittino di questo caos per impallinarti, hai bisogno di una corale disponibilità da parte delle forze dell’ordine e degli apparati istituzionali. Insomma, amico mio, hai bisogno di un miracolo! Ma non tirarti indietro, non tergiversare, non farci soffrire ancora. Metti al lavoro la tua squadra e vai a Roma a cercare la sponda per provvedimenti nuovi, efficaci, incisivi.
Caro Stefano, la corazzata Potemkin del presidio militare in piazza Foroni è “una cagata pazzesca” (cit. Fantozzi 1975). Diciamolo e giriamo pagina. L’intento era buono, ma la pandemia criminale di prossimità è diventata troppo grande e complessa. Ora Barriera di Milano aspetta i tuoi DPCM e il tuo lockdown (mutatis mutandis, s’intende).
So che non leggerai questi miei non richiesti consigli. Ed è giusto così. Tuttavia, qualcuno potrebbe leggerli e riferirti l’ultimo: fate un consiglio comunale straordinario in Barriera, magari approfittando della disponibilità di don Andrea nel “campo neutro” di Maria Regina della Pace.
Ciao Stefano, “qui si parrà la tua nobilitate” (Dante, Inferno 2, 7-9).
Vediamo se il primo cittadino ha gli attributi anche politici per varare o quantomeno promuovere provvedimenti forti d'intesa con il governo e quindi con la prefettura. Vediamo se davanti ai mali estremi comprende che ci vogliono gli "antibiotici" pesanti. E Vediamo se fa un consiglio comunale straordinario in Barriera.
Seneca deve dirigere La Stampa, voglio dire lo storico quotidiano... almeno la cronaca di Torino, la cronaca di questa città ammalata ma ancora non morta! Grazie Paola Gatti: sei una persona libera, e non c'è ricchezza più bella e rara!
“La corazzata Potemkin del presidio militare in piazza Foroni è “una cagata pazzesca””. Sono assolutamente d’accordo. Io stesso ho incrociato la ronda (leggi passeggiata) di un poliziotto e tre ragazzi dell’esercito. Ho segnalato che gli spaccia erano appena scomparsi (e poi ritornati) e loro mi hanno fatto spallucce. L’altro giorno ho rivisto il film SERPICO e mi è venuto in mente proprio il lavoro troppo esaltato della Polizia. Se non c’è un lavoro di indagine con pressione quotidiana non se ne esce. A questo punto penso che non ci sia nemmeno la volontà di venirne a capo. Sono anche d’accordo sul fatto che la situazione in barriera è cosa vecchia e non averla vista non è segno di miopia ma indifferenza, quell'indifferenza…